“Se d’autunno le foglie cadono
E d’inverno i germogli gelano
Come sempre, la primavera arriverà”
(Simone Cristicchi)
Avere cura delle persone che sostano a Progetto Miriam, spesso si intreccia con la cura del bene comune, gesti piccoli e concreti che si incrociano con grandi sfide.
Con questo desiderio abbiamo scelto di piantare due alberi nel giardino di casa: “un gesto di gentilezza verso il creato e la nostra casa comune”, e promessa di vita che continua a nascere e a trasformarsi. Un ulivo, simbolo della pace, dono che noi sperimentiamo in prima persona, quando lasciamo che sia Dio a guidare i nostri passi e che impariamo a coltivare e a restituire. La pace che tante donne ospiti della nostra casa riscoprono qui, come Y. che conclude il suo tirocinio in laboratorio, e del cui percorso stiamo gustando i frutti maturi.
Y. è il primo frutto buono di questi alberi appena piantati, è il frutto del suo lavoro della cura di tante persone che hanno zappettato la sua vita, facendole vedere una possibilità per fiorire. Lo spazio del laboratorio è diventato per Y., luogo di pace: “una pace qui ricevuta che desidero portare fuori da questo ambiente”. I gesti di cura di tanti le hanno permesso di scoprire questo dono prezioso e ora la sua vita potrà essere strumento di cura anche fuori da questa casa; così la cultura della cura si diffonde. Esperienze diverse, che ci fanno contemplare il mistero del nuovo che si pianta, l’attesa dei frutti, il silenzio, l’accoglienza di tutte le stagioni della vita che rifiorisce, ed è capace di restituire un frammento di bellezza fatto di fatiche e di gratitudine.
Ed è così che, mentre si piantavano gli alberi, ciascuna ha benedetto il terreno e la pianta: è grazie alla goccia d’acqua di ciascuna che, questi alberi cresceranno, così come ogni vita cresce e si trasforma ad ogni tocco dell’altro/a. Benedire la vita in tutte le sue espressioni, in tutte le sue stagioni: attendendo nel silenzio e con pazienza i frutti, lasciando che le radici si stendano e i rami si spingano verso l’alto, lasciando andare le foglie secche perché il nuovo possa venire alla luce.
E’ questo l’augurio più bello che questa casa può ricevere: continuare a generare vita anche dalle ferite, di cogliere l’abbondanza delle possibilità che abitano in ciascuna e di avere il coraggio di fiorire nuovamente.