
Quando si parla degli atteggiamenti più significativi per coltivare e nutrire la relazione con gli altri esseri umani e con Dio è quasi immediata l’associazione a parole quali ascolto e dialogo.
Come esseri umani dialoghiamo per natura, per scelta e necessità. Il dialogo, come sappiamo per esperienza diretta, non è di per sé qualcosa che per forza finirà bene, o solo una strategia per risolvere conflitti. E certamente non vogliamo parlarne nella prospettiva di un compromesso buonistico. «E’ la ricerca che una relazione abbia senso, che una relazione produca senso qui e ora…indipendentemente da come finirà». (DIALOGO DUNQUE SONO. Come prendersi cura del mondo insieme, Becchetti, Coda, Morelli, Sandonà pg. 42)
Si potrebbe dire che il dialogo tende in sé alla condivisione, ma si potrebbe definirlo anche con parole apparentemente in contraddizione come “conflitto generativo”, un incontro tra differenze. Differenze che talvolta sono così grandi da non trovarci sempre disponibili a condividerle. Anzi talvolta promuovono e favoriscono emozioni e atteggiamenti contrari, come difesa, resistenza, rifiuto. Nel cercare di definire cos’è il dialogo, questo fa pensare alle connessioni con le nostre fragilità e vulnerabilità.
«La vulnerabilità è associata all’incavo del ventre materno, nel senso che la vulnerabilità ha un grande potenziale generativo e ha molto a che fare con il dialogo e la condivisione. È difficile condividere ciò che è effettivamente condivisibile con un’altra persona senza essere vulnerabili nei suoi confronti, senza essere raggiungibili e penetrabili da quella persona, senza fare spazio dentro di sé all’altro, che significa scoprire il limite di sé come condizione dell’interazione e del dialogo con l’altro, condizione che è generativa. La vulnerabilità, probabilmente insieme al limite e alla sua provvisorietà, è una delle condizioni costitutive del dialogo e della condivisione.» (DIALOGO DUNQUE SONO. Come prendersi cura del mondo insieme Becchetti, Coda, Morelli, Sandonà pg. 42)
Per noi cristiani l’immagine perfetta del dialogo è Dio Trinità, e i racconti evangelici ci danno la possibilità di aprire lo sguardo sulla logica del dialogo che accompagna tutta la vita di Gesù: col Padre, con i suoi discepoli e amici, con chi non lo riconosce. E una delle icone bibliche più belle dello stile di dialogo di Gesù, su cui rifletteremo nel tempo pasquale, è quella dell’incontro con i discepoli di Emmaus, che dopo aver camminato e dialogato con Gesù affermano «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). Questo dialogo permetterà loro di ritornare alla propria comunità, da cui si erano allontanati impauriti e delusi, e dire «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!».
Sr Mara Bellutta sfp
