
Dove sei ora? E cosa fai? Me l’hanno chiesto in tanti negli ultimi mesi. Rispondo che sono in comunità a Via del Santo a Padova e vado e vengo da Progetto Miriam.
Sono arrivata a Progetto Miriam lo scorso ottobre. Mi hanno accolta sorrisi e strette di mano. La prima notte mi sono addormentata pensando ai nomi e ai volti delle donne appena incontrate, ognuna con una storia di fatiche e ferite, ognuna con le sue speranze e i suoi sogni. Progetto Miriam è la culla di vite che rinascono e si intrecciano con le storie di altre donne, operatrici, volontarie, suore… Un universo femminile che crede nella spiritualità della cura, fatta di attenzione, ascolto, empatia, generatività… Queste sono le mie nuove compagne di cammino, insieme siamo coltivatrici di relazioni di cura.
Coltivare richiede tempo e pazienza, fiducia e speranza. Occorre rispettare il ritmo delle stagioni, saper attendere che passi l’inverno con le sue gelate e nebbie fitte, che giunga il tepore e la luce della primavera a far germogliare i semi e dischiudere le gemme.
Ho visto in pochi mesi la potenza della cura. Dove era stata distrutta la fiducia è rifiorita la possibilità di affidarsi e fidarsi; dove la paura del contatto fisico bloccava è tornata la gioia di un abbraccio; dove la barriera della lingua sembrava invalicabile, il desiderio di comunicare ha aguzzato l’ingegno.
A Progetto Miriam in questo momento siamo di otto nazionalità e di quattro continenti, è una scuola continua di apertura mentale e di confronto con culture diverse, non è semplice, ma allarga gli orizzonti del cuore. Sto imparando da ciascuna la capacità di resilienza di fronte agli ostacoli, la capacità di gioire delle piccole conquiste che rinforzano le motivazioni, delle buone notizie che ravvivano la speranza, la capacità di empatia che incoraggia nella fatica, che riconosce i segni dell’umiliazione, della perdita e sa farsi balsamo con un gesto, uno sguardo, una parola, il silenzio.
Ci aiutiamo ad aiutarci, nessuna potrebbe da sola sostenere tante pesantezze. Sia che il dolore resti nascosto nelle pieghe della vita, per pudore, per paura, per vergogna, sia che debordi oltre la soglia della sopportazione, è necessario intrecciarsi, stringere relazioni significative e costruttive, tessere ed essere la rete che permette di allenarsi in sicurezza per riprendere il volo in libertà, dignità ed autonomia.
Cosa fate a Progetto Miriam? Coltiviamo relazioni di cura.
Sr Marvi Delrivo, sfp
