Sono Monica Boggian e vivo da ottobre 2021 al Centro Giovanile delle Suore Francescane dei Poveri. Se scrivo su un foglio la parola “ingiustizia” il primo sentimento che nasce in me è sicuramente l’indignazione, la rabbia e anche l’impotenza. Frequentando il centro “Raggi di Sole”, una volta a settimana come volontaria, ho toccato con mano il fatto che “ingiustizia” non è solo una parola di cui sentire parlare tramite i canali social e che riguarda realtà lontane da me.
La parola “ingiustizia” è di fronte a me, ogni volta che ascolto i racconti e guardo negli occhi le donne e gli uomini che frequentano, o che passano anche solo per un giorno dal centro. È quella donna che la famiglia ha allontanato e cancellato, e che solo nell’alcool ha provato a consolarsi perché affetta da depressione; o quel padre al quale il figlio non consente di incontrare il nipote, segnati entrambi dalla morte della moglie e madre.
Ma quando la sera si chiudono le porte del centro, e le nostre strade si dividono, la mente e il cuore ripercorrono la giornata appena trascorsa, le parole dette, i gesti compiuti. Ed un sorriso non può che affacciarsi alle labbra e una goccia di balsamo posarsi sul cuore: oggi è stato diverso.
Oggi è stato diverso perché ho donato il mio tempo ascoltando i cibi preferiti dell’uno o dell’altro, o aiutando a impostare la suoneria del cellulare.
Oggi è stato diverso perché insieme abbiamo riso raccontando una barzelletta.
Oggi è stato diverso perché ho visto D., un uomo che indossava sempre un giubbotto nero troppo grande per lui, e troppo usato per scaldare ancora. E quando ne ha ricevuto in regalo uno nuovo color ocra, della sua taglia, ho contemplato il suo viso illuminarsi, gli occhi gonfi di lacrime, il sorriso incontenibile sulle labbra.
Abbandonata la sua postura ricurva, ora cammina a testa alta e come un modello esibisce il suo cappotto. Ed è forte l’emozione che si prova nell’ascoltare l’esperienza di M.:
“Sono un assiduo frequentatore del Centro diurno ‘Raggi di Sole’ delle Suore Francescane dei Poveri.
L’esperienza che sto vivendo è molto bella. Mi hanno fatto riscoprire la fede e sono molto felice di questo. Ho avuto un po’ di difficoltà a rifare i documenti ma grazie all’aiuto delle suore sono riuscito ad avere tutto. Il mio rapporto con gli altri che frequentano il Centro oggi è più amichevole. Mi trovo bene qui al Centro, facciamo anche dei laboratori in cui costruiamo delle cose (calamite colorate, vasi decorati…) e poi facciamo dei mercatini per raccogliere fondi.
A febbraio, nonostante le 3 dosi di vaccino, ho beccato il Covid-19 e sono stato ricoverato in ospedale. Non sapevo cosa fare, allora ho chiamato le suore, mi hanno chiesto di cosa avevo bisogno; sono venute subito a portarmi la biancheria e ho potuto salutarle dalla finestra del reparto, dove ero ricoverato. Per me è stata una gioia grande, nessuno aveva mai fatto un gesto così per me; mi sono sentito importante e voluto bene. Il cuore mi è andato a mille e ho provato un’emozione pazzesca.”
Tolti gli occhiali da sole e indossati quelli da vista, sto iniziando ad accorgermi che le situazioni di ingiustizia non sono solo quelle che fanno notizia al telegiornale, ma anche quelle piccole, quotidiane che mi chiedono di intervenire.
Se scrivo su un foglio la parola “ingiustizia” il mio primo sentimento non cambia, ma ora so per certo che esiste sempre la possibilità di fare qualcosa.
Monica Boggian
